venerdì 7 novembre 2014

"GRANDE ARTE", "ARTE POPOLARE" OPPURE "NIENTE ARTE"

Parlare di arte mette in campo la questione della sua definizione. Per un marxista, l'arte è il "rifugio di sicurezza" della borghesia, a metà strada tra la parata religiosa del feudalesimo e la permanente ri-creazione della vita quotidiana che dovrebbe caratterizzare una società futura, che si è lasciata alle spalle quella delle merci. Prima dell'ascesa al potere della classe borghese, le opere d'arte - storie di avventura, ritratti occasionali, spartiti per liuti e viole - non erano investiti del significato personale che fu dato loro dai romantici. Se avevi crucci metafisici, ansie circa il posto che la tua anima individuale aveva nello schema cosmico delle cose, consultavi uno specialista: il prete. La religione aveva il monopolio di tale conoscenza specialistica, castigando come eresia il discorso diretto alla Bibbia ( o a Dio). Nel 1789 la Rivoluzione Francese rese evidente come la religione sostenesse il vecchio ordine: nella sua fase rivoluzionaria la borghesia non tollerava nessuna delle vecchie gerarchie del feudalesimo e della fede. Chiedeva una immagine del mondo razionalista. Chi avrebbe adesso scandagliato la profondità dell'anima, misurato l'impulso della vita interiore? Poeti, pittori e musicisti si fecero avanti. L'arte fu il rimpiazzo della religione, depositaria di valori "superiori" a quelli del vile far denaro.................................

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